
Mathieu Bock-Côté
Club Italie-France: Mathieu Bock-Côté, sociologo, saggista, editorialista di Le Figaro e di numerosi canali televisivi francesi, da CNews a Europe 1, oltre che presenza fissa in varie emittenti radiofoniche d’oltralpe come opinionista. Lei è di origine canadese, del Quebec per la precisione. Perché ha scelto la Francia e quindi l’Europa per esprimere le sue idee liberali e spesso conservatrici?
Mathieu Bock-Côté: Esiste un rapporto storico e privilegiato tra il Quebec e la Francia. Il Quebec è stato, non dimentichiamolo, la Nuova Francia! È così che è apparso per la prima volta nella storia! Jacques Cartier scoprì il Canada nel 1534, Samuel de Champlain fondò il Quebec nel 1608 e per più di un secolo la sovranità francese fu esercitata sul Nord America. La Francia, per molti abitanti del Quebec rimane quella che una volta sarebbe stata chiamata la madrepatria. C’è una tradizione francofila molto forte in Quebec e molti quebecchesi sono appassionati di dibattiti politici e intellettuali francesi. Amo appassionatamente la Francia. La partecipazione alla vita intellettuale francese permette anche, per certi aspetti, di partecipare alla vita intellettuale del mondo occidentale nel suo insieme. Con questo particolarissimo paradosso francese: ecco un Paese la cui cultura è attraversata dalla passione del dibattito ma che non smette di moltiplicare i divieti ideologici e giuridici per bloccare il dibattito pubblico, cosa che mi sembra assurda, e mi convince della necessaria lotta per la libertà di parola. Piccola precisazione: questo impegno francese non mi impedisce di continuare la mia vita intellettuale in Quebec, di perseguire un forte impegno politico a favore dell’indipendenza del Quebec.
Club Italie-France: Parliamo di libertà di espressione. Non solo per i manifestanti in Iran che da diversi mesi protestano contro il regime degli ayatollah vengono condannati a morte. Ma anche perché in Occidente abbiamo assistito recentemente a vari casi di scrittori e intellettuali. E penso al tentato omicidio di Salman Rushdie, che ha perso un occhio e l’uso di una mano, e di Michel Houellebecq, costantemente minacciato di procedimento penale perché dice quello che pensa. Dovremmo scrivere un manuale per ciò che non possiamo dire o ciò che non può essere detto?
Mathieu Bock-Côté: Stiamo entrando in un’epoca fondamentalmente ostile alla libertà. Sempre più gruppi militanti, alcuni affermando di parlare in nome di un dio, altri in nome della loro identità sacra, stanno reinventando il reato di blasfemia nella vita pubblica. Se trasgredisci i dogmi ormai dominanti in Occidente rischi di subire la pena di morte sociale, verrai trasformato in un emarginato, un raro, condannato all’errore ai margini della città, faremo di tutto per renderlo invisibile dal ‘spazio pubblico. Il deviazionismo ideologico è severamente sanzionato. Aggiungo che le leggi contro “l’odio” e “l’incitamento all’odio” si stanno moltiplicando e possono portarti in prigione, o almeno vederti condannato con fermezza dai tribunali. Con questa singolarità che l’odio di cui si parla è un concetto torbido, di cui alla fine troviamo solo una definizione costante: tutto ciò che si oppone alle pretese di “minoranza”, che sarebbero fondamentalmente virtuose, è considerato odioso. Aggiungiamo una cosa: gli islamisti applicano ancora la pena di morte a chi accusano di blasfemia – penso ovviamente ai giornalisti di Charlie oltre che a Samuel Paty. Con questa singolarità molto occidentale che quando gli islamisti colpiscono, il mondo occidentale decide di accusarsi di islamofobia.
Club Italie-France: Decolonialismo, razzismo, wokismo, LGBTismo, immigrazionismo. Sono parole sempre più diffuse nel dibattito pubblico. D’altra parte, non si parla mai di una matrice fondamentale in nessuna società: l’impoverimento e la mancanza di opportunità che consentano ai “vinti dalla globalizzazione” di elevarsi socialmente. La lotta di classe rimane il problema principale in tutte le società. Può essere, secondo lei, che alla fine questi discorsi falsamente progressisti vengano introdotti nel dibattito con l’unico scopo di distrarre le masse dalle loro reali preoccupazioni?
Mathieu Bock-Côté: Non sono sicuro che la lotta di classe rimanga il vero problema delle nostre società, almeno non nel senso che il marxismo voleva intendere. Anzi, sono anche certo del contrario. Detto ciò, è vero che la globalizzazione ha dato vita a una singolarissima oligarchia, che vuole essere assolutamente estranea alla logica degli Stati, delle nazioni e dei popoli, una forma di tecnostruttura globalizzata, privata e pubblica, che si assume per illuminata élite dell’umanità. È anche vero che la cancellazione quasi programmata della classe media nel mondo occidentale rischia di rivitalizzare quella che un tempo si chiamava la questione sociale. Le crescenti difficoltà di accesso alla proprietà rappresentano un vero e proprio shock simbolico per le classi medie, che vivono una nuova precarietà economica. Ritengo tuttavia che oggi la questione dell’identità, o se preferite dirla in altro modo, la questione della civiltà, sia primaria. È una questione esistenziale. Tanto più che il programma di decostruzione proprio del wokismo conduce la società in un campo di rieducazione a cielo aperto, come si può vedere con il destino dei bambini-cavie dell’ideologia transgender, che intende convertire l’umanità alla logica della fluidità. Identità, che corrisponde, appunto, a un’impresa di destabilizzazione psichica delle giovani generazioni, come se l’Occidente fosse ancora ossessionato dalla fantasia dell’uomo nuovo, che si accompagna alla fantasia della tabula rasa.
Club France-France: “Woke” significa “risvegliato”, cioè consapevole del sistema di dominio che l’uomo bianco avrebbe imposto ovunque e a tutti gli altri, fin dalla notte dei tempi. L’obiettivo degli attivisti risvegliati è decostruire questo sistema. In parte hanno ragione o si tratta di una lotta ideologica?
Mathieu Bock-Côté: Prima una definizione: il wokismo rappresenta la radicalizzazione e l’isterizzazione dell’ideologia della diversità, santificando le rivendicazioni delle minoranze in nome dell’inclusione, e demonizzando la figura della maggioranza, come se fosse portatrice della traccia del diavolo , come un segno ontologico. Il wokismo è, a mio avviso, l’espressione ideologica del collasso psichico del mondo occidentale. È sintomatico dell’avvento di una personalità fragile, regressiva, chiusa nei suoi sentimenti, assolutamente dominata dagli umori sociali che circolano sui social network. L’uomo contemporaneo si odia, si maledice e si ammira per essersi maledetto in questo modo – non è questa la prova della sua virtù?
Il razzismo contro i bianchi è diventato istituzionalizzato nel mondo occidentale. Infatti il maschio bianco eterosessuale rappresenta il nuovo volto del diavolo in terra! Deve sempre sottoporsi a un rito penitenziale, ogni giorno più caricaturale, per espiare la sua storia colpevole e diventare, al termine della sua autodecostruzione, un alleato delle minoranze, chiamate a loro volta a prendersi la loro rivincita storica. – Preciso che non si tratta tanto di minoranze in quanto tali quanto di gruppi ideologici radicalizzati che pretendono di parlare in loro nome. Gran parte del sapere delle scienze sociali oggi consiste nel normalizzare in un imbevibile gergo ideologico questo odio per l’Occidente.
Anche la storia occidentale, dal 1492, è stata demonizzata. Corrisponderebbe al dispiegamento mondiale di un sistema razzista e discriminatorio, il cui smantellamento è iniziato con la decolonizzazione, ma che avrà successo solo quando i popoli europei saranno diventati stranieri in patria, sotto la pressione di un’immigrazione massiccia che li renderà una minoranza in patria . E se si ribelleranno contro questa minoranza, saranno accusati di cadere nella supremazia bianca e nell’estrema destra.
Sulla scala della storia, il wokismo rappresenta anche la quarta ondata totalitaria della modernità, dopo il 1793, dopo il 1917 e dopo la fine degli anni 60. Gli anni 2020 sono gli anni che confermano la rinascita della tentazione totalitaria nelle nostre società e le democrazie liberali non sembra rendersene conto.
Club France-France: I principi di “Woke” stanno proliferando anche in alcune grandi aziende. Non è raro che i marchi sfruttino le notizie e i dibattiti pubblici mostrando un certo attivismo per realizzare profitti o addirittura per coprire politiche aziendali controverse. C’è chi dice che in nome dell’inclusione la diversità di opinioni nei consigli di amministrazione rischia di diventare un tabù. Esiste questo rischio?
Mathieu Bock-Côté: Assolutamente, e direi che il capitalismo delle grandi imprese è uno dei principali vettori della « rivoluzione del wokismo ». Lo vediamo con la promozione della morale sveglia da parte dei grandi fondi di investimento, lo vediamo anche dalla presenza del lavoro nei dipartimenti delle risorse umane e nella pubblicità. La conversione generalizzata del management occidentale al modello EDI (Equity, Diversity and Inclusion) corrisponde infatti alla conversione dell’impresa all’ideologia della diversità. Nelle università questo approccio rende sempre più difficile la ricerca, tanto da imporre ovunque la sua parzialità ideologica. Uomini e donne non vengono più giudicati in base al proprio valore ma trasformati in quote, in campioni rappresentativi. Non dimentichiamo gli attivisti digitali che vogliono drenare gli introiti pubblicitari delle società di media che non si sottomettono al wokismo e che praticano una forma di intimidazione violenta all’insegna del nome e della vergogna. Viviamo in un’epoca profondamente religiosa, da questo punto di vista, che tratta da eretici coloro che non rispettano i comandamenti delle diverse religioni.
Club France-France: Sul tema dell’immigrazione, per una certa sinistra, ad esempio, collegare immigrazione e delinquenza è un delitto assoluto. Lei ha scritto che le società occidentali sono prigioniere di una struttura giuridica e di un discorso ideologico sui propri “valori” del tutto al passo con i tempi. Di cosa stiamo parlando esattamente?
Mathieu Bock-Côté: L’immigrazione di massa è, come si suol dire, un fenomeno di massa. Si tratta di enormi masse umane, comunità, popoli, che migrano e si stabiliscono nei nostri Paesi, e ne trasformano profondamente il substrato demografico e, di conseguenza, la loro identità. Perché un paese non cambia popolazione senza cambiare identità. Ma non è lecito dirlo perché siamo chiusi in una concezione strettamente amministrativa e giuridica della nazione – in Francia, a questa si aggiunge una concezione ideologica, con la sacralizzazione della “Repubblica” e dei “valori repubblicani”. Bandito il riferimento ai costumi, quello alla cultura anche. Allo stesso modo, non è più lecito dire dei popoli storici occidentali che diventeranno una minoranza tra loro entro la fine del secolo – poiché il concetto stesso di popolo si è dissolto in un puro artificio giuridico, che ribalta nella finzione disincarnata. Allo stesso modo, il diritto di asilo è stato inizialmente concepito per accogliere alcuni dissidenti comunisti. È diventato un canale di migrazione a sé stante. Il diritto d’asilo è stato completamente travisato, e oggi favorisce la sommersione demografica del mondo occidentale. Se vogliamo salvarlo, e dobbiamo salvarlo, dobbiamo riportarlo alla sua vocazione originaria.
Club France-France: C’è anche un dibattito sulla “via danese” in materia di immigrazione, in particolare sul tema del welfare state e della definizione di una collettività. Un tema su cui si discute da vent’anni, ma non troppo nelle istituzioni europee. Perché secondo lei ?
Mathieu Bock-Côté: L’UE si considera una struttura imperiale post-nazionale e multiculturale, che deve trasformare gli stati che la compongono in province che rinunciano all’esercizio della sovranità. Da questo punto di vista, l’arrivo della signora Von der Leyen alla guida della Commissione europea corrisponde alla svolta autoritaria di quest’ultima. Lo vediamo quando minaccia i popoli che rischiano di votare male – in pratica, di votare sovranisti, populisti o conservatori – di punirli, di sottometterli. Ne sa qualcosa l’ Italia! Quanto alla Danimarca, ci ha ricordato una cosa semplice: la solidarietà incarnata dal welfare state è possibile solo nel quadro di una società sufficientemente coerente dal punto di vista culturale e sociologico. Non esiste bene comune senza un forte senso del comune. E il comune, nel mondo contemporaneo, assume la forma di una nazione. Al contrario, se hai una forte struttura di solidarietà sociale in una società che si sta sgretolando, vedrai le tensioni moltiplicarsi, come vediamo in Francia, dove la questione del costo dell’immigrazione è ricorrente, fino al punto in cui ministri funzionari governativi come riconosce, peraltro, in termini piuttosto bruschi, Bruno Le Maire. Quasi tutti in Francia riconoscono che il sistema di solidarietà sociale svolge il ruolo di pompa di aspirazione migratoria. Stranamente, nessuno lo riforma davvero.
Club France-France: L’immigrazionismo è al centro del regime canadese e non trova opposizione nella classe politica, in linea di massima condivide la stessa filosofia per diventare il primo stato “post-nazionale”. Un possibile modello per l’Europa o è un pericolo per la perdita di identità?
Mathieu Bock-Côté: Il Canada è un contromodello. È un Paese che ha rinunciato a qualsiasi forma di identità sostanziale per definirsi attraverso una totale adesione all’ideologia multiculturalista, divenuta principio fondante del Paese. Il multiculturalismo si è imposto per cinquant’anni per neutralizzare il nazionalismo del Québec – per Ottawa era necessario trasformare i Québec, che si consideravano un popolo fondatore, in una minoranza etnica tra le altre nel Canada plurale. Inoltre, il Canada normalizza e persino valorizza la conquista dello spazio pubblico da parte di tutti i comunitarismi, arrivando persino a celebrare il niqab come simbolo che rappresenta l’apertura alla diversità.
Club France-France: l’Italia è un grande laboratorio della politica europea. Da Machiavelli a Mazzarino, passando per il fascismo, la rivolta dei magistrati contro la politica o anche il populismo di destra (la Lega) e di sinistra (il Movimento 5 stelle), l’Italia ha sempre influenzato, con un ritardo di 5 anni, il francese politica. Le recenti elezioni hanno visto la vittoria della destra identitaria di Giorgia Meloni che per certi temi (sicurezza, immigrazione, identità) è sullo stesso piano del partito di Éric Zemmour. Ciò è dovuto alla loro stretta vicinanza culturale, sociale ed economica. Dato che la Francia sta vivendo esattamente gli stessi problemi e le stesse preoccupazioni dell’Italia, quale scenario vede accadere in Francia?
Mathieu Bock-Côté: L’Italia è certamente un laboratorio politico, per la sua flessibilità istituzionale, per la possibilità che nuove correnti politiche emergano, senza essere respinte ai margini dello spazio pubblico. È paradossalmente per questo motivo che non sono sicuro che ciò che sta accadendo lì si riprodurrà in Francia, in forma identica. In Italia è il movimento nazionalconservatore che è diventato il polo di aggregazione della destra. In Francia, l’idea stessa di un’unione dei diritti rimane un tabù – inoltre, è il movimento nazional-populista a dominare lì. Il sistema elettorale francese non consente la stessa innovazione politica dell’Italia, se non in occasione delle elezioni europee. Quel che è certo è che se la destra non trova un terreno comune attorno alla questione della civiltà, si perderà nelle divisioni e continuerà a guardare il proprio Paese svanire. Resta da vedere se avranno successo.
Club France-France: Dopo i primi vertici internazionali, il premier Giorgia Meloni ha detto di sentire “voglia di Italia” in tutto il mondo. E probabilmente ha ragione. Dal vostro osservatorio internazionale, quali sono i punti di forza (e perché non quelli deboli) dello stivale? Cosa le piace di più dell’Italia?
Mathieu Bock-Côté: Non vi risponderò in maniera scontata citando la vostra gastronomia, i vostri paesaggi, ma mi piacerebbe! Il vostro paese è semplicemente bellissimo. La storia di questo Paese mi affascina. Quello di Roma, in particolare. Ma anche quella delle città-stato. Il suo ruolo nel Rinascimento. C’è anche una ricca tradizione intellettuale e sociologica. Più seriamente, c’è in Italia una libertà intellettuale, un’assenza di dogmatismo, una predisposizione al dibattito, che non può che sorprendere chi è abituato alle inibizioni e ai tabù che si possono trovare sia in Francia che in Canada e negli Stati Uniti.
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Intervista del
1 Luglio
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Sociologo, saggista e editorialista del Quebec
Mathieu Bock-Côté scrive sul multiculturalismo e sul ruolo dell'identità nazionale nei dibattiti politici in Quebec e in Francia
