Club Italie-France: Intervista Anna Rosencher - 2021

Anne Rosencher

Club Italia-Francia: Che definizione darebbe al “femminismo”? Vediamo sempre più un femminismo che contrappone le donne agli uomini. Forse questo atteggiamento non è troppo radicale? Esiste un altro femminismo?

Anne Rosencher: Il femminismo è l’incrollabile convinzione che le donne siano uguali agli uomini e che una società giusta non solo debba sostenerlo in termini di diritti, ma anche farne uno dei suoi pilastri politici e filosofici. Mi sento privilegiata per essere nata in un paese e in un’epoca in cui “la maggior parte del lavoro” è stata svolta dalle donne e dagli uomini che sono venuti prima di noi. Ciò non significa che la situazione sia ideale per tutte le donne francesi. Ci sono ancora adesioni sessiste e fallocratiche qua e là, e dobbiamo, inoltre, combattere ancora contro un’offensiva politico-religiosa proveniente in particolare dall’islamismo, che intende far prevalere una visione maschilista sui nostri costumi e sul nostro codice civile.

Dette questo, non vedo come il femminismo – un misto di convinzione filosofica e lotta politica – sarebbe il monopolio delle donne. E ancor meno perché alcuni attivisti si preoccupano di considerare gli uomini come nemici “sistemici” nella loro lotta. Per loro, “il maschio” è alla radice: ogni ragazzo è uno sciovinista che si ignora. Questa è una “svolta sbagliata” storica, per usare le parole di Elisabeth Badinter. Un atteggiamento militante fatto di serrare intorno a slogan radicali e manichei, ma che non regge alla prova dei fatti. Che sciocchezza, se pensiamo a quegli iraniani che, ancora oggi, vanno in prigione per difendere i diritti delle donne! Essenzializzare gli uomini in un ruolo conflittuale è ingiusto e direi addirittura: totalitario. Come chiamare altrimenti l’atteggiamento di considerare qualcuno politicamente a priori su criteri cromosomici?

Club Italia-Francia: Quest’estate in Francia abbiamo registrato livelli di astensione molto preoccupanti durante le elezioni regionali e dipartimentali (68% al primo turno e 6% al secondo turno). C’è il rischio di rivivere questa astensione alle presidenziali del 2022? Quale pensa sia la causa di questa astensione (che si riscontra anche in altri paesi europei)?

Anne Rosencher: Ci sono ovviamente diversi motivi. Tralascio subito l’elemento economico: eravamo fuori dal contenimento e alcuni francesi non sapevano nemmeno che c’era un voto. Questo può aver aggravato il fenomeno, ma c’è in effetti una tendenza di fondo, dovuta, mi sembra, a due ragioni principali. In primo luogo, c’è un profondo disincanto per l’atto stesso del voto. De Gaulle definì la democrazia in questi termini: “il governo del popolo che esercita la sovranità senza impedimenti”. Tuttavia, gli ultimi decenni hanno dato a molti francesi l’impressione che parte del destino della nazione non sia più nelle urne: che le regole economiche della globalizzazione da un lato e i trattati politici europei dall’altro definiscano ormai un quadro che vincola l’espressione della volontà popolare.

Questa immagine a volte è esagerata. Ma i nostri politici che, per 30 anni, hanno promesso molto in campagna per rinunciare a se stessi una volta al potere, hanno generato una profonda malinconia democratica. Sans parler du « non » au référendum sur la constitution européenne (en 2005), sur lequel nos dirigeants ont tout simplement décidé de s’assoir… On ne peut pas pratiquer le déni de démocratie un jour, et déplorer la montée de l’abstention l’indomani ! Detto questo, otterremmo una lettura emiplegica delle cose se stessimo solo accusando lo staff politico. C’è anche in Francia, come ovunque in Occidente, il sorgere di una “cultura dell’egoismo”, come l’hanno definita Christopher Lasch e Cornelius Castoriadis in un testo comune. Un ritiro iper individualistico, che consiste nel concentrarsi sulla propria bolla familiare o sulla propria cerchia di parenti. Un profondo disinteresse per la cosa comune, che è più una questione di pigrizia e disinvoltura che di disincanto.

Club Italia-Francia: Durante la prima ondata di Covid-19, non avremmo mai immaginato che parte della popolazione avrebbe preferito mettersi in pericolo e mettere in pericolo la comunità con il vaccino. Da dove viene questa sfiducia nei confronti della scienza e dei vaccini? Qual è la radice del pensiero antivax secondo lei?

Anne Rosencher: Ha tutto a che fare con la cultura dell’egoismo di cui parlavamo poco fa. Ho sentito che molti anti-ascia si alzano sugli speroni in nome della loro “libertà”. Ma è una visione molto ristretta della libertà quella che consiste nel ridurla a diritti e desideri individuali… Sappiamo fin dai greci che la libertà ha anche una fondamentale dimensione collettiva: la “vita morale” che si esercita nella Città e che è alla base del principio democratico. Una politica di sanità pubblica può essere attuata solo se un gran numero di cittadini aggiunge al calcolo dei propri benefici di rischio personale un approccio collettivo di interesse generale. Ma stiamo scivolando nell’iperindividualismo. A pensarci bene, ecco cosa ha agito quasi cinicamente il principio della tessera sanitaria: “non ti fai vaccinare per la collettività? Caricheremo la sezione “benefici” del tuo calcolo “beneficio di rischio”, altrimenti sarai privato di un film, ristorante, treno, ecc. Aggiungete a ciò la sfiducia nel potere, l’arroganza della scienza, e avrete un quadro abbastanza completo del movimento “antivax”. Ma non siamo troppo pessimisti: la Francia detiene ancora, ad oggi, uno dei record mondiali di vaccinazione. Potremmo non essere “il paese del pastore” per niente, dopotutto!

Club Italia-Francia: In Francia la vicenda Mila ha scosso l’opinione pubblica. Libertà di espressione e social media: qual è il limite? I social network sono “piattaforme” adeguate per discutere di politica, argomento così spinoso e complicato?

Anne Rosencher: Mila è una ragazza di 18 anni che ha vissuto sotto la pesante protezione della polizia da quando due anni fa ha pronunciato dure osservazioni contro l’Islam su un social network. Da allora, presume, non abdica al suo diritto a fare queste osservazioni, perché non viola alcuna legge della Repubblica francese, che autorizza la critica delle religioni, e non riconosce alcun reato di blasfemia. Quindi le minacce raddoppiano. Quando vedo Mila, ho la prima reazione di una madre o di una sorella: voglio dirle di cambiare aspetto, di buttare via il cellulare e di stare lontana da Instagram, Twitter e altri Tik-Tok per il resto della sua vita. Mi dico che è molto giovane per essere il parafulmine della sua vita. Che i social media sono un terrificante tagliagole su queste questioni, e che è meglio combattere questa lotta in altre agorà. Ma c’è anche una parte di me, la parte “cittadina”, che include questa ragazzina. La libertà e soprattutto la libertà di espressione, che è madre di tutti gli altri, si difende con coraggio. Con la somma del nostro coraggio. E a Mila non mancano.

Club Italia-Francia: Nel mondo fratturato e violento di oggi, il rischio di una dittatura della minoranza è concreto e reale?

Anne Rosencher: Sono sempre le minoranze vendicative che fanno la storia quando la maggioranza glielo permette. Sempre. E la maggioranza ora sembra intimidita. È vero che gli insulti piovono a dirotto! Da un lato, ti viene presto chiamato una reazione, o un “utile idiota dell’estrema destra” non appena difendi un laicismo fermo, un universalismo repubblicano, o non appena osi prendere atto di una richiesta maggioritaria di la regolazione dei flussi migratori. D’altra parte, sono le accuse di “mancinismo” o di “piaghe sconnesse” che fioriscono non appena si sostiene che è essenziale, politicamente, continuare a distinguere tra “islam” e “islamismo”, o quando si il coraggio di mettere in discussione l’antielitarismo binario che imperversa tra le persone radicalizzate di comune decenza… Molti cittadini tacciono, colpiti dalle invettive. Le persone sono diventate molto sensibili all’essere messe nel “lato sbagliato”, qualunque cosa sia. Perdonate, ma è un po’ intimo… Ancora una volta, non difenderemo i nostri valori, i nostri costumi, i nostri standard, il nostro modo di fare e di vedere le cose – in definitiva, il nostro motto: “libertà, uguaglianza, fraternità” – solo se riescono a discutere e ascoltare qualcosa come una volontà comune. È sempre solo se riusciamo a discutere e ascoltare qualcosa come una volontà comune. Questo è chiamato lo spirito di difesa.

RIPRODUZIONE RISERVATA ©

Intervista del

1 Dicembre

Informazioni

Giornalista
Direttrice delegata della redazione dell'Express.
Club Italie-France: Affaires Internationales - Daisy Boscolo Marchi - Team
A cura di
Daisy Boscolo Marchi