Club Italie-France: André Vallini

André Vallini

Club Italie-France: La sua famiglia è di origine italiana, da quale regione viene suo padre? Qual è stata la presenza dell’Italia e della cultura italiana nella sua vita?

André Vallini: Nativo di Bione, un piccolo paese della Lombardia, sulle montagne sopra il Lago di Garda, mio ​​nonno André Vallini prestò servizio nella prima guerra mondiale nell’esercito italiano, alleato della Francia contro la Germania. Tornò mutilato con schegge alla gamba e alcuni rudimenti di radioelettricità acquisiti sul fronte austriaco. Proveniente da una numerosa famiglia di contadini poveri, decise negli anni ’20 di tentare la fortuna in Francia, varcando il confine a Modane, ai piedi del Moncenisio, dove rimase per diverse settimane, finché le autorità non gli liberarono le sue carte. Ogni volta che percorro il traforo del Fréjus per andare in Italia, guardo Modane sotto l’autostrada e penso a lui, nella sua caserma non riscaldata, ignaro persino della lingua del paese da cui è arrivato. strapparsi dalla sua famiglia e dal suo villaggio.

La mia estrema sensibilità al problema dei migranti viene anche da lì. Arrivò a Fures dove si erano già stabiliti i ragazzi del suo villaggio. Inizialmente assunto come manutentore in una fabbrica di piastrelle a Vourey, vicino a Tullins, mio ​​nonno fu notato da un elettricista, il signor Vial, senza figli, che quando andò in pensione gli affidò la sua piccola attività. Si innamora di Rose Guichard, la figlia di un contadino locale. All’epoca, la xenofobia ambientale rendeva sospettosi coloro che valicavano le Alpi per “venire a mangiare il pane dei francesi” come direbbe Fernand Raynaud in un famoso sketch. Padre Guichard, però, non è di questa opinione. ” Lui e ‘italiano ? Quanto è importante visto che è onesto e laborioso! esclama quando sua figlia gli racconta i suoi progetti di matrimonio.

Uno dei momenti più toccanti della mia vita politica è stata senza dubbio questa cerimonia all’Ambasciata d’Italia a Parigi dove ho rappresentato il governo francese di cui facevo parte in occasione della Festa Nazionale Italiana e dove ho evocato il ricordo di mio nonno in il mio discorso. Così come ogni volta che vado a Roma in veste ufficiale, da ministro o da parlamentare, in tutto lo sfarzo e la solennità dei palazzi ufficiali, non posso fare a meno di pensare ai miei antenati, poveri contadini delle montagne lombarde.

L’Italia è onnipresente nella mia vita. Primo nella mia lettura: da Pierre Grimal a Pierre Milza, ho sempre letto molte opere storiche della penisola, dall’antichità romana all’epoca attuale, passando per il Risorgimento e la storia del fascismo. . Leggo anche molte biografie: ho letto tutte quelle di Mussolini certo, ma anche di Verdi, Cavour, Mazzini o Garibaldi. Ho appena terminato l’ultimo libro di Maurizio Serra su Gabriele d’Annunzio per il quale Francia e Italia erano “le due sorelle latine”. E di recente ho letto quelli dei Papi Benedetto XV, Pio XI e Pio XII, e una biografia di Vittorio Emanuele III, questo re poco conosciuto che tuttavia regnò per quasi 50 anni e visse due guerre mondiali. Ho anche una crescente predilezione per il periodo che va dall’Unità d’Italia alla prima guerra mondiale.

L’attuale politica italiana è ovviamente molto interessante per me e ovviamente apprezzo tutto ciò che scrive Marc Lazar. Sottoscrivo la rassegna stampa dell’Ambasciata di Francia a Roma. Quando ero studente a Sciences-Po, uno dei miei sogni era quello di fare l’inviato di Le Monde a Roma, credo fosse Robert Solé all’epoca.

Ho anche una passione per il cinema italiano, con una bella collezione di film dagli anni 50 agli anni 80. molti film mai distribuiti in Francia. Non sono tutti capolavori ma raccontano l’Italia del dopoguerra. Segnato da questi film italiani degli anni ’50 e ’60, ho ceduto, dall’età di 18 anni, alla tentazione di una vecchia spider Alfa Romeo, rossa ovviamente: segnando 180.000 chilometri sul contachilometri e comprando all’epoca 6.000 franchi, è passato via qualche mese dopo…

Infine, per finire su questa domanda, e non è molto originale, mi piace la cucina italiana ea Parigi come durante i miei viaggi all’estero, preferisco sempre i ristoranti italiani. Quanto alle mie vacanze estive, le trascorro a San Felice Circeo, tra Sabaudia e Terracina, a sud di Roma.

Club Italie-France: Quali aspetti della sua personalità sono stati influenzati dalle sue origini italiane?

André Vallini: Come molti italiani, cerco di praticare l’autoironia e di acquisire una prospettiva su ciò che faccio nelle funzioni che posso esercitare. In altre parole, spero di essere come spesso sono gli italiani, qualcuno che non si prende troppo sul serio pur prendendo sul serio quello che faccio.

C’è un altro aspetto della mia personalità indubbiamente influenzato dalle mie origini italiane, è il gusto per il Bello. Tutti conoscono l’estetica degli italiani, soprattutto nelle città, anche le più piccole, dove è sempre possibile trovare una piazza dalle proporzioni perfette, una chiesa superba o un palazzo rinascimentale.

Sono sensibile anche all’eleganza dell’abbigliamento, soprattutto maschile, senza dimenticare il design: mobili o elettrodomestici per esempio e ovviamente automobili. Penso ai grandi carrozzieri come Pininfarina o Bertone e capisco che a volte possiamo paragonare una Ferrari o una Lamborghini a un’opera d’arte.

Infine, e questa è la cosa più importante, naturalmente il senso della bellezza degli italiani si è espresso per primo, e per secoli, nella pittura, da Cimabue e Giotto a Botticelli o Raffaello. Si dice che l’Italia sia il paese che da solo possiede la metà delle opere d’arte di tutto il mondo. Da parte mia, sono ancora molto interessato alla vita quotidiana e ai metodi di lavoro di questi immensi artisti. Sono particolarmente affascinato da Michelangelo, che peraltro si definiva più scultore che pittore, anche da Caravaggio, la cui tumultuosa vita è legata alla rivoluzione che ha provocato nella pittura. In questo campo artistico, sono stato a lungo nutrito dalle opere di Dominique Fernandez che ho la possibilità di vedere regolarmente e che mi stupisce sempre con l’immensità della sua conoscenza: pittura e scultura ma anche letteratura e musica, sa tutto dall’Italia , da Venezia alla Sicilia, e non solo dall’Italia.

Club Italie-France: Quali sono i suoi luoghi preferiti in Italia?

André Vallini: Ce ne sono centinaia, in quanto quando scopro una città o un villaggio, spesso ne rimango affascinato. Sono naturalmente sensibile alla malinconia che emana dai grandi laghi lombardi così come al fascino della campagna romana dove vediamo greggi di pecore al pascolo in mezzo alle rovine dell’antica Roma. Mi piace anche passeggiare a Roma intorno al Campo dei Fiori, perdermi nei vicoli di Venezia lontano da Piazza San Marco, passeggiare a Napoli come a Siena, o ammirare i paesaggi dell’Umbria da Todi o Perugia. La Sicilia ha una bellezza aspra e particolare e mi piace, durante le mie vacanze, andare a Sperlonga e Gaeta o all’isola di Ponza.

Ma mi piace molto anche scoprire piccoli centri di provincia che mi sorprendono sempre per la ricchezza del loro patrimonio edilizio, il più delle volte intatto e che costituisce l’orgoglio dei loro abitanti: il famoso “campanilismo” italiano non è solo l’espressione di una resistenza al potere centrale potere di Roma, in fondo recentissimo, è anche e soprattutto un attaccamento viscerale al suo comune, perché certo è il primo luogo di socializzazione dopo la sacrosanta famiglia ma anche perché spesso è molto bello e ne andiamo fieri . Ho un debole per Priverno, un piccolo comune tra Roma e Napoli in provincia di Latina, con cui ho gemellato la mia città natale di Tullins quando ero sindaco.

Club Italie-France: Italia e Francia sono due partner economici imprescindibili. Come possiamo rafforzare la loro collaborazione ed essere più forti insieme?

André Vallini: Mi auguro che le difficoltà a cui stiamo assistendo oggi nelle relazioni franco-italiane, dovute in particolare agli eccessi di Matteo Salvini, non abbiano un impatto duraturo sulla cooperazione transalpina, anche se a volte complicata, come dimostrano le attuali difficoltà di il settore telecomunicazioni e cantieristica.

Club Italie-France : Le Made in France et le Made en Italy sont connus en Europe et dans le monde entier. Les eurosceptiques et les populistes souvent se réclament de vouloir protéger le « Made in », menacé par la mondialisation et la libre circulation des marchandises. Mais n’est-il pas vrai que le « Made in » prend tout son sens seulement si nos produits peuvent être exportés en Europe et dans le monde ? Ne s’agit-il pas d’une incohérence ? Si oui, comment sensibiliser l’opinion publique sur cette incohérence ?

 

André Vallini : Le « made in France ou le made in Italy » n’est pas contradictoire avec l’ouverture sur le monde. L’histoire longue montre que le protectionnisme est mortifère mais l’histoire récente montre que le libre échangisme non régulé peut l’être aussi. C’est en fait au niveau européen que cette régulation devrait avoir lieu aussi bien avec la Chine qu’avec les Etats-Unis de Donald Trump.

Club Italie-France: Italia e Francia sono all’origine della costruzione europea. Oggi l’Italia ha un governo euroscettico e populista. Pensa che la coesione dell’Unione europea sia in pericolo?                                                                                                                           

André Vallini: Sì, purtroppo la coesione europea è in pericolo ed è addirittura già scossa dalla politica dei governi del gruppo di Višegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia) che troppo spesso vedono l’Europa solo come un grande mercato o addirittura peggio come contatore di sovvenzioni. Ma l’Europa è prima di tutto un continente su cui abbiamo costruito per cinquant’anni, una costruzione politica, unica nella storia del mondo, senza guerre né conquiste militari e basata su valori all’avanguardia tra cui l’umanesimo e il rispetto dei diritti umani.

Club Italie-France: Il tema dell’immigrazione ha acuito le tensioni tra Italia e Francia, e le debolezze dell’Europa in generale, stretta tra la sua vocazione umanista e sociale e un evidente ripiegamento su se stessa. Diversi paesi dell’Unione Europea hanno adottato governi populisti, come l’America di Trump e la Russia di Putin. Qual è la sua posizione e la sua visione per l’Europa?                                                                                  

André Vallini: Credo sempre di più nella necessità di un’Europa concentrica con più aree di competenza, come già avviene per l’euro e l’area Schengen. In particolare, dobbiamo costruire una vera Europa della difesa su cui ho co-scritto una relazione al Senato nel 2013 e naturalmente approfondire l’integrazione di bilancio e fiscale dei paesi della zona euro.

Club Italie-France: Il divario sinistra/destra si è notevolmente evoluto sotto l’egida di Emmanuel Macron. C’è ancora una Francia di destra e una Francia di sinistra nel 2018? E un’Europa di destra e di sinistra?

André Vallini: Le due divisioni, che spesso si sovrappongono, tra conservatori e progressisti da un lato, e tra liberali e socialdemocratici dall’altro, strutturano la vita democratica della maggior parte dei paesi di tutti i continenti e questa non è un’elezione francese, ciclica da definizione, che può mettere in discussione questa verità storica. I professionisti dell’opinione pubblica sono inoltre categorici: in tutti i sondaggi effettuati su questo argomento, le persone interrogate non esitano un secondo a posizionarsi su una scala da 1 a 10 per stabilire la loro appartenenza a sinistra o a destra…

Club Italie-France: Lei ha più volte affermato di essere sempre fedele al socialismo. Eppure oggi, in Francia, in Italia e in generale nell’Unione Europea, non è facile trovare un’alternativa di sinistra che possa convincere l’opinione pubblica. Si pensi ai risultati deludenti del Partito socialista francese nel 2017, nonché alla sconfitta del Partito democratico in Italia alle recenti elezioni. Secondo lei, in un contesto in cui populismo e individualismo godono di un forte consenso, su quali valori dovrebbero ancorarsi i partiti di sinistra e la socialdemocrazia?

André Vallini: Al di là delle vicissitudini elettorali, il socialismo deve essere sempre ancorato ai suoi valori storici, primi tra tutti la difesa delle libertà, la lotta alle ingiustizie, la riduzione delle disuguaglianze, la priorità data all’emancipazione individuale e alle pari opportunità attraverso la scuola, il ruolo del potere pubblico nel contenimento degli interessi privati, la necessità di una regolazione economica per controllare il capitalismo, l’importanza dei servizi pubblici, la necessità di protezione, l’inclusione sociale e la solidarietà con i più deboli…

Club Italie-France: In Italia e in Francia, quando si affronta il tema della riduzione del numero dei deputati, si ottiene inevitabilmente il consenso degli elettori. Infatti lo aveva proposto Matteo Renzi, lo propone anche Emmanuel Macron. Sei contrario. Per quello ? L’importanza e il potere di un parlamento dipendono davvero da un gran numero di deputati?

André Vallini: Tra le riforme costituzionali annunciate, quella che sembra riscuotere più consensi è la riduzione del numero dei parlamentari. Non sorprende che l’antiparlamentarismo sia così profondamente radicato nel nostro paese: è per questo che il bonapartismo ha prosperato due volte, che il boulangismo ha quasi portato via la Repubblica nel 1889, che le leghe faziose si sono scosse nel 1934 o che l’ondata poujadista ha travolto l’Assemblea Nazionale nel 1956. Non c’è quindi nulla di nuovo in questa nuova ondata di febbre esagonale, a fortiori quando la chiamata in causa del Parlamento arriva questa volta dai vertici dello Stato e fa leva sul populismo, che investe ormai tutta l’Europa continente.

A questo proposito, è rivelatore che l’esecutivo, legittimamente desideroso di successo elettorale, stia valutando questa riforma in via costituzionale, quando nulla lo obbliga a farlo poiché basterebbe una legge organica. E ancora più rivelatore che intende ricorrere a un referendum, poiché questa riforma mira in realtà a magnificare il popolo a scapito dei suoi rappresentanti.

Tuttavia due domande meritano di essere poste: ci sono troppi parlamentari in Francia e quali sarebbero le conseguenze di una loro riduzione?

La Francia non ha più parlamentari di altre democrazie comparabili La Francia non ha più parlamentari di altre democrazie comparabili: con 925 deputati e senatori per 67 milioni di abitanti, ha un parlamentare ogni 72.500 abitanti, il che ci colloca al centro di democrazie comparabili: la Germania , Spagna, Israele, Italia, Giappone, Norvegia, Portogallo, Regno Unito, Svizzera…

Il paragone con gli Stati Uniti non è rilevante poiché, al di là dell’Atlantico, lo stato federale coesiste con stati federati, ognuno dei quali ha il proprio parlamento.

Un deputato francese rappresenta quindi oggi 116.000 abitanti, cioè esattamente lo stesso numero di un membro eletto del Bundestag tedesco. In Italia c’è un parlamentare ogni 97.000 abitanti e, nel Regno Unito, uno ogni 101.500 abitanti.

Se l’Assemblea nazionale fosse ridotta di un terzo come previsto, ogni deputato rappresenterebbe circa 173.000 francesi, quasi il doppio dell’omologo italiano e una volta e mezzo più dell’omologo tedesco. Dal 1962, inoltre, il numero dei parlamentari (deputati e senatori) è passato da 756 a 925, un incremento inferiore alla crescita demografica: nel 1962 un parlamentare rappresentava 62.150 abitanti, ce n’era uno ogni 67.400 abitanti. uno per 69.500 abitanti nel 2008, contro uno per 73.000 abitanti odierni.

Per una popolazione di meno di 30 milioni di persone e con suffragio maschile e femminile, le assemblee della Rivoluzione furono numerose: l’Assemblea Costituente del 1789 contava 1.145 membri, l’Assemblea Legislativa del 1791 e la Convenzione del 1793 ne contavano 745. Sotto il Direttorio e il Consolato, se rimaniamo nello stesso ordine di grandezza, è passando al bicameralismo: 500 deputati nel Consiglio dei Cinquecento e 250 nel Consiglio degli Anziani.

Sotto l’Impero il corpo legislativo scese a 300 membri (più un centinaio di membri al Senato) e durante i Cento giorni, quando Napoleone volle liberalizzare le istituzioni, aumentò la Camera dei Rappresentanti a 629 membri. Al contrario, quando Luigi XVIII restaurò la monarchia nel 1815, la Camera dei deputati contava solo 400 membri. Più liberale, la monarchia di luglio allargò la quota, abbassò l’età richiesta per votare da 30 a 25 anni, raddoppiò l’elettorato e aumentò il numero dei deputati a 459.

Nel 1848, con l’istituzione del suffragio universale, l’Assemblea nazionale costituente era doppia: 900 membri. E l’anno successivo l’Assemblea Legislativa Nazionale ne conta 705. Il colpo di stato del 1851 sospende la vita parlamentare, che riprende timidamente, con un corpo legislativo di 261 membri nel 1852, e sale a 283 dal 1863, quando Napoleone III vuole liberalizzare il regime imperiale. Nuova espansione democratica nel 1871 con l’Assemblea di Bordeaux, che conta 675 membri.

Dal 1875, durante l’età d’oro del parlamentarismo, si contano più di 800 parlamentari: più di 500 deputati (545 nel 1881, 613 nel 1932, 615 nel 1936) e 300 senatori nel 1876. Nel 1940, Pétain sospende tutta la vita parlamentare. Poi, sotto la Quarta Repubblica, i deputati erano 629 nel 1951 e 594 nel 1956. Il loro numero scese a 576 nel 1958, poi a 485 dopo la decolonizzazione, che eliminò i seggi all’estero. Si torna a 491 seggi nel 1981 e 577 nel 1986.

Quindi la storia dimostra che ogni volta che la democrazia è progredita, il numero dei parlamentari è aumentato. E viceversa, ogni volta che l’esecutivo ha voluto ridurre il ruolo del Parlamento, ha ridotto il numero dei parlamentari.

Ridurre il numero dei parlamentari non li renderà più efficaci, anzi. Senza neanche citare il problema dell’equa rappresentanza dei territori, qualunque sia la loro densità demografica, meno parlamentari avranno infatti più difficoltà ad assolvere alla loro funzione di controllo dell’esecutivo, che è importante almeno quanto la loro funzione legislativa, a fortiori nell’ambito del parlamentarismo razionalizzato della Quinta Repubblica.

I governi di domani, chiunque essi siano, non dovranno che congratularsi con se stessi per un Parlamento numericamente indebolito. Lo stesso vale, e forse ancor di più, per l’alta funzione pubblica e, in particolare, per le amministrazioni centrali, in prima linea le indicazioni di Bercy: un vero parlamentare deve infatti essere un impedimento ad amministrare nei circoli ed è quanto mai spesso percepito come tale dai ministri, e soprattutto dagli alti funzionari. Meno deputati o senatori chiedono responsabilità ai funzionari pubblici della loro amministrazione, meglio sta facendo questa amministrazione…

In queste condizioni, l’alta amministrazione sarà l’ultima a lamentare che ci siano meno missioni conoscitive, meno commissioni d’inchiesta, meno delegazioni parlamentari, meno relatori di bilancio.

Fallace è l’argomentazione che consiste nel sostenere che meno parlamentari saranno meglio dotati e più efficaci: non è necessario ridurne il numero per assegnare più mezzi di azione e controllo ai parlamentari. E ancora più fallace è l’argomentazione del famoso costo finanziario dei parlamentari: né più alto né più basso che altrove, è da paragonare ai mezzi cospicui, e infinitamente più onerosi per il contribuente, che sono quelli delle amministrazioni e degli altri enti pubblici al nazionale, che vale la pena ricordare anche che gli stipendi dei loro alti dirigenti non hanno alcuna relazione con l’indennità parlamentare.

L’argomento del risparmio da fare sulla remunerazione dei parlamentari rientra infatti nella tradizione del più logoro antiparlamentarismo. Fu sotto Luigi XVIII, con la legge del 5 febbraio 1817, che in reazione al periodo rivoluzionario e imperiale, fu votato il principio delle libere funzioni legislative, che durò sotto Carlo X e poi fino alla fine della monarchia. . Di conseguenza, solo nobili e borghesi sufficientemente ricchi potevano dedicarsi alla politica, a meno che non ottenessero una pensione o una sinecura dal potere esecutivo da cui poi diventavano dipendenti.

La Repubblica, nel 1848, pose fine a questa situazione prevedendo, quale necessaria contropartita del suffragio universale, un’indennità giornaliera di venticinque franchi per i rappresentanti del popolo. Conosciamo la frase del deputato Baudin, rispondendo a un operaio che gli rimproverava la sua indennità parlamentare, quando salì sulle barricate per cercare di contrastare il colpo di stato di Luigi Napoleone Bonaparte: “Vedrai come si muore per venti – cinque franchi», disse, prima di essere ucciso in difesa della Repubblica.

Il Secondo Impero privò nuovamente di ogni indennità i membri del Corpo Legislativo, tenuti ad avere un patrimonio personale. La Repubblica, dopo il 1870, ripristinò l’assegno del 1848, vicino ai 9.000 franchi annui: data l’evoluzione del costo della vita a Parigi, fu portato a 15.000 franchi nel 1907, tanto che i deputati furono soprannominati i QM, ovvero i Quinze -Mille, negli ambienti antiparlamentari.

Se fa orrore, a distanza di un secolo, sentire ancora questo vecchio ritornello, è peraltro illusorio pensare che la riduzione di un quarto del numero dei parlamentari riduca automaticamente del 25% i bilanci delle assemblee: le pensioni degli ex parlamentari, gli stipendi e le pensioni dei dipendenti pubblici così come la manutenzione dei grandi edifici storici sono tutte spese incomprimibili, indipendentemente dal numero di seggi da occupare nei due emicicli.

Ridurre il numero di deputati e senatori comporterà quindi un indebolimento numerico ma anche politico della rappresentanza del popolo da parte dei suoi eletti. È una scelta carica di significati, che la demagogia attualmente in voga rischia di impedire ai cittadini di apprezzare con lungimiranza.

Club Italie-France: I dibattiti sulla bioetica sono sempre più presenti in Europa: si pensi, ad esempio, alla legge italiana relativa al testamento biologico o al dibattito su GPA e PMA avviato in Francia. Data la sua posizione di senatore, cattolico nella vita privata, come è possibile trovare risposte razionali e condivise a domande di questo tipo?

André Vallini: Su questi argomenti è difficile avere una risposta puramente razionale; tutti, comunque questo è il mio caso, devono interrogarsi con il massimo rispetto di tutte le opinioni espresse su queste difficilissime questioni.

Club Italie-France: Negli ultimi anni si è sentito parlare molto di austerità e pareggio di bilancio, che sembra aver spento tutta la vitalità delle economie europee e le potenzialità del mercato unico europeo. Pensa che un nuovo asse franco-italiano potrebbe risvegliare questa vitalità, stimolare la crescita e rafforzare il coordinamento delle politiche economiche?

André Vallini: È ovvio che il nuovo governo italiano non sembra il più propenso a sviluppare quello che tu chiami un nuovo asse franco-italiano. Nonostante questa reale ma congiunturale difficoltà, penso sempre di più che sia dai Paesi fondatori dell’Unione Europea e in particolare Germania, Francia e Italia che si possa ipotizzare un rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche soprattutto per stimolare la crescita.

Club Italie-France: La tua missione al governo (2014-2017) ti ha permesso di vivere momenti forti come l’incontro con Papa Francesco a Roma nel 2014, il tuo intervento al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel 2015 a New York o il tuo viaggio in Iraq nei campi profughi, a pochi chilometri dalla linea del fronte contro Daesh. Quali sono i temi che ti stanno a cuore e per i quali combatti?

André Vallini: Sono molto coinvolto nel Consiglio d’Europa, in particolare nella Commissione per i diritti umani; in particolare, recentemente mi sono recato in Turchia in missione per osservare le ultime elezioni e devo recarmi nei prossimi mesi a Sarajevo in Bosnia, a Tbilisi in Georgia ea Chisinau in Moldavia per missioni analoghe. Sono anche membro dell’Assemblea Parlamentare della Francofonia e recentemente sono stato a Roma per una riunione della Commissione per la Cooperazione e lo Sviluppo con i Paesi del Sud.

Seguo inoltre da vicino progetti di revisione istituzionale e attualmente sto lavorando a una commissione d’inchiesta sui trasferimenti della pubblica amministrazione e in particolare sui potenziali conflitti di interesse quando i funzionari pubblici di alto livello lasciano il settore privato.

Sono all’origine con diversi colleghi della creazione in Senato di un gruppo di lavoro sulla condizione animale: penso infatti che l’umanesimo del XXI secolo debba abbracciare l’attenzione alla sofferenza animale. Senza cadere nell’estremismo, dobbiamo chiederci in nome di cosa una specie vivente, in questo caso la specie umana, si permetta di infliggere tanta sofferenza, o peggio ancora morte, ad altre specie viventi sulla terra. L’opinione pubblica è sempre più consapevole di questi problemi, che si tratti naturalmente della corrida o della caccia con i segugi, ma anche delle condizioni atroci degli allevamenti industriali di bovini, polli o conigli confinati a vita, l’evirazione viva dei maialini o la macinazione dei pulcini vivi. Dobbiamo smetterla e più che mai dobbiamo ricordare San Francesco d’Assisi.

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Intervista del

3 Giugno

Informazioni

Avvocato di professione, André Vallini è senatore dell'Isère.
Giudice dal 1997 al 2011 prima presso l'Alta Corte di Giustizia poi presso la Corte di Giustizia della Repubblica, André Vallini è stato anche sindaco del suo comune dell'Isère di Tullins all'età di 30 anni.
Club Italie-France: Chloé Payer - Team
A cura di
Chloé Payer